Il Presidente di Telesud Massimo Marino propone una riflessione sull’operazione che finì su tutti i media nazionali durante la corsa per il nuovo sindaco di Trapani.

I fatti, credo, li ricordiamo tutti: nel maggio 2017 in piena corsa per le amministrative, i PM palermitani misero a segno un uno-due che azzoppò ogni possibilità di corsa regolare per l’elezione del nuovo sindaco di Trapani.

Prima la richiesta di obbligo di soggiorno per il Senatore Antonio d’Alì per “pericolosità sociale”; poi, l’inchiesta “Mare Monstrum” con gli arresti eccellenti dell’altro candidato sindaco Mimmo Fazio e gli armatori Morace. Il tutto, dopo poche ore dal deposito ufficiale delle candidature. Provvedimenti che, va da sè, destabilizzarono la campagna elettorale oltre che rilanciare la nostra città agli onori delle cronache con uno sputtanamento nazionale.

A quattro anni di distanza, la Cassazione ha stabilito che d’Alì non è pericoloso socialmente; la sezione Misure di Prevenzione di Palermo ha dissequestrato i 10 milioni di euro ai Morace perché non erano il profitto dell’accordo corruttivo, ed il Gip di Trapani ha disposto l’archiviazione per l’ex deputato regionale su uno dei tronconi della “Tangentopoli del Mare” per il reato di minacce a pubblico ufficiale. Per capirci, il famoso “la pagherete cara” dato in pasto alla stampa che Fazio avrebbe proferito alla dirigente regionale dei trasporti, smascherato come un fake inquirente dalla difesa, visto che si trattava di una considerazione generale su un possibile intervento della Corte dei Conti pronunciato durante una riunione plenaria. Insomma, per i principali protagonisti delle due vicende, decisioni che hanno pesantemente minato – per d’Alì definitivamente – “la credibilità” dei relativi provvedimenti. Almeno negli aspetti più eclatanti.

Certo, alcuni processi scaturiti della maxi operazione restano in piedi: Fazio in dibattimento a Trapani, i Morace – con le limitazioni del caso per gravi motivi di salute per il Comandante – con strascichi palermitani; quindi bisognerà attendere per vedere cosa “abbia partorito la montagna”. Ma di sicuro, allo stato, quei provvedimenti escono fortemente azzoppati; sotto il punto di vista giudiziario e soprattutto dell’immagine. Tuttavia, è giusto attendere l’esito dei processi.

Ma il punto cruciale, a nostro avviso, è un altro: ma erano davvero indifferibili quelle richieste? Sarebbe stato così difficile anticiparli di un mese, se necessari (e su d’Alì, da subito, chiunque restò assai perplesso…), oppure spostarli di un paio di mesi dopo il voto? Ci voleva Einstein per capire che quella tempistica avrebbe provocato uno sputtanamento colossale su tutti i media nazionali oltre che irrimediabilmente compromesso il processo democratico in corso?

Ancora una volta, mi chiedo: ma i magistrati, al netto dell’obbligatorietà dell’azione penale vivono sul pianeta Marte o sulla terra (obbligatorietà dell’azione penale che tuttavia prevederebbe, in teoria…in pratica MAI, anche “l’attività d’indagine del PM in favore dell’indagato” che avrebbe almeno smontato con una facilità disarmante lo sbandierato “la pagherete cara”.…)? Chi ripagherà i trapanesi da quell’onta mediatica? Chi li risarcirà da un non più libero processo democratico che in quel momento i cittadini stavano affidando ad altre guide poi impossibilitate a confrontarsi per l’amministrazione della città per i prossimi 5 anni, dovendo subire, invece, un anno di inutile commissariamento?

Ovviamente, nessuno. Come sempre. Parafrasando Pirandello, “Così è (se vi pare)”.


Massimo Marino – Presidente Telesud