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All’Ispra si parla del Bosco Sacro di Erice

La maggior parte dei casi studio che sono stati esposti all'Ispra nel corso della conferenza sono in provincia di Trapani

di Mario Torrente

Emergenza alluvioni, frane e siccità: il ruolo dell’ingegneria naturalistica è stato il tema della conferenza tenuta ieri a Roma nella sede dell’Ispra dove, nel corso dell’incontro si è parlato anche del Bosco sacro di Erice.

Sono stati diversi i temi al centro della conferenza, promossa dall’Associazione italiana per la ingegneria naturalistica, che ha visto tra i relatori l’ingegnere Gianluigi Pirrera, che tra le altre cose ha parlato dei Bosco Sacro di Erice dove sono in corso dei lavori di valorizzazione delle aree natura lavori. Pirrera, progettista e direttore dei lavori, ha illustrato gli interventi eseguiti, a partire dal riutilizzo di legname da espianto di specie alloctone e invasive, i consolidamenti, le stabilizzazioni, le fascine, i cancelli, le compostiere, presi a modello con esempi di economia circolare. Ma non solo. C’è stata anche la valorizzazione dei ciliegi canini, alcuni dei quali segnalati come monumentali, nel Bosco Sacro di Erice, soffermandosi sugli aspetti che riguadano il Capitale Naturale e le antiche vie di pietra riscoperte da Giacomo Coppola nell’ambito dei lavori per il ripistino di antichi sentieri e l’apertura di nuovi pecorsi.

Ma all’Ispra l’ingegnere Pirrera, che è anche vicepresidente dell’Aipin ha parlato anchge di desertificazione, desertifizzazione, drylands, Climate Change, di spreco di tempo senza utilizzare le risorse che già ci sono, ricordando come solo in Sicilia sia possibile capire cosa significhi dover/poter contemporaneamente agire per la Protezione Civile ed a favore del Capitale naturale e dell’archeologia. E ieri all’ISPRA sono stati esposti diversi casi, la maggior parte dei quali riguardano la provincia di Trapani, tra cui quello del Parco Archeologico di Selinunte e dell’esperienza di Custonaci circa il riutilizzo della posidonia spiaggiata. Tra le zone oggetto delle varie relazioni anche il Parco Fluviale dell’Alcantara ed altri siti siciliani. Il tutto sempre con al centro i possibili interventi sul Capitale Naturale anche per contrastare la desertificazione.

“Che l’ingegneria naturalistica – ha spiegato Pirrera – sia da sempre utilizzata come intervento tecnico per frane e alluvioni è notorio. Non è neppure una novità che sia utile per contrastare la desertificazione come nel caso di Pietraperzia in area archeologica. Una storia di grande rilevo si è conclusa da poco nel Parco Archeologico di Selinunte, il più grande Parco Archeologico d’Europa per un intervento di Protezione Civile a seguito dell’alluvione derivante da un MediCane, uno di quei nuovi cicloni mediterranei dovuti al Cambiamento Climatico. É quello che é stato realizzato recuperando e rinaturalizzando la foce del fiume Cottone, gli spazi golenali e le aree di confluenza di due affluenti. Il tutto con soli scavi, abbattendo un invasivo eucalipteto che chiudeva la foce e demolendo inutili calcestruzzi. Ma gli scavi sono stati leggeri, assecondando il naturale decorso delle acque affinchè il corso d’acqua si rimodellasse da solo. In questo modo i lavori idraulici di Protezione Civile hanno permesso, proprio coi lavori idraulici, di fare emergere strutture archeologiche portuali insabbiate e l’interazione con gli archeologi ha consentito persino la musealizzazione di reperti di grande valore”.

Ma c’è di più. “Le aree umide rinaturalizzate – ha continuato Pirrera – sono divenute vasche di laminazione delle piene. Il collaudo vero è avvenuto a febbraio reggendo ad una bomba d’acqua di con un picco pluviale enorme di quasi 50 millimetri con l’acqua che poi è defluita senza creare danni sino alla foce e alle dune che hanno così retto alla spinta dell’acqua. Quindi si, come in Veneto Vicenza si è salvata grazie alle vasche di laminazione, al Sud abbiamo contemporaneamente salvato l’archeologia. Il nuovo paesaggio fluviale è il paesaggio antico che idraulicamente aveva studiato Empedocle per salvare Selinunte. Il Parco con la rinaturalizzazione ha recuperato flora e fauna della Rete Natura 2000. Quindi si sono attivati altri Servizi Ecosistemici per l’Archeologia e il Capitale Naturale in un’area che subisce entrambi gli effetti strabici del Cambiamento Climatico: pioggia estrema e desertificazione”.

A riguardo il vicepresidente dell’Associazione italiana per la ingegneria naturalistica, ha parlato di un “un magnifico lavoro sinergico di manutenzione e protezione del territorio tra Protezione Civile e Parco Archeologico con i lavori di rinaturalizzazione idraulica che dovrebbero attuarsi su scala di bacino per salvaguardare altri territori. É per ragioni idrauliche ma anche naturalistiche e culturali”. Di questo caso se ne parlerà anche oggi al Museo Archeologico Salinas a Palermo e ad agosto in Estonia, a Tartu Capitale Europea della Cultura 2024, ad un Congresso Internazionale di Ecological Restauration.

E c’è poi il caso del Bosco Sacro di Erice, preso a modello come mix tra capitale naturale e storico. “La Cintura Verde, di cui alla Legge 10/13 sullo sviluppo del verde in ambito urbano, intorno ad Erice appartiene alla Rete Natura 2000 – ha ricordato Pirrera – e include un raro nucleo di Ciliegi canini segnalati come Alberi Monumentali per rarità della specie, età e dimensioni. Gli alberi sono emersi grazie all’espianto delle specie alloctone invasive, soprattutto l’ailanto ma anche rovi ed edera. Un bosco sulle pendici del Monte Erice, ricco di endemismi, con l’espianto delle specie alloctone che ha permesso di scoprire un antico sentiero con scalinate in pietra a spirale che dal mare giungeva ad Erice per collegarsi con allineamenti astronomici al mito della Venere Ericina. I Ciliegi canini, gli allori ed i frassini costituiscono un sistema Bosco/Borgo insieme ad aree archeologiche oggi focali per la Rete Ecologica Urbana di Erice”.

“La primaria misura Nature Based Solutions (NBS) per il Capitale Naturale – ha rimarcato – è proprio l’eliminazione delle specie aliene, con il legname riutilizzato per opere di stabilizzazione, fascine, staccionate, segnaletica e compostiere. Le potature vengono invece triturate per esser riutilizzate con gli scavi come tecnosuoli. Nuovi Servizi Ecosistemici (archeologici, storici e di fruizione) si sono già attivati con il CAI e l’Antica Trasversale Sicula, compartecipi delle monumentalità e del Cammino lento e con un’Associazione contro il femminicidio”. Anche questo caso, ormai noto come Bosco Sacro, si presenterà ad Agosto in Estonia, a Tartu Capitale Europea della Cultura 2024, ad un Congresso Internazionale di Ecological Restauration.

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