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Le “pale della mafia”, inchieste sull’eolico e sequestri

Mafia e nuove tecnologie. Mafia ed energie rinnovabili. Mafia ed eolico. Affari appetibili all’organizzazione criminale sempre a caccia di nuove risorse, pronta ad infiltrarsi in nuovi settori dove poter lucrare denaro. “Le pale della mafia”, le definì Vittorio Sgarbi che da sindaco di Salemi portò avanti la sua personale battaglia contro l’installazione di nuovi impianti nel Trapanese, in particolare, e in tutta la Sicilia, più in generale. Il critico d’arte aveva visto bene. Nel 2009, l’operazione antimafia Eolo svela, infatti, per la prima volta, in provincia di Trapani, il lucroso affare delle centrali eoliche. Giuseppe Linares, allora capo della Squadra Mobile di Trapani parlò di ”un patto occulto tra Cosa nostra e alcuni imprenditori nel settore dell’energia eolica”. Altre inchieste giudiziarie hanno, poi, confermato l’interesse di Cosa nostra verso l’eolico e al business ad esso connesso.

Il “Vento” era uno dei più grandi affari del boss Matteo Messina Denaro. Del suo interesse verso le “pale” ne parla anche il capo dei capi, Toto Riina, intercettato in carcere mentre parlava con il compagno di cella, il boss pugliese Alberto Lo Russo. “A me spiace dirlo – afferma il capomafia corleonese – questo che fa il latitante, si sente di comandare, di fare luce, fa luce ovunque, fa pali per prendere soldi”. Non a caso l’imprenditore alcamese Vito Nicastri, definito il “Signore del Vento”, deceduto di recente, era considerato – da investigatori e inquirenti – un fedelissimo di Matteo Messina Denaro. Da elettricista a pioniere del green. L’ascesa di Nicastri prende il via negli anni Ottanta. Assieme ai fratelli, fonda ad Alcamo la cooperativa agricola La Gioventù. L’iniziativa dura, però, poco. Nicastri molla tutto per dedicarsi all’elettronica ed all’idraulica. Inizia così a lavorare presso alcune aziende di installazione e manutenzione di impianti elettrici. I primi guai giudiziari per lui arrivano agli inizi degli anni Novanta. Nicastri rimane coinvolto in una storia di tangenti e corruzione. Da quella vicenda, però, ne esce indenne. Patteggia una pena a un anno e sei mesi. Lo salvano le rivelazioni fornite ai magistrati sul business del fotovoltaico.
L’imprenditore raccontò, in particolare, agli inquirenti di aver pagato tre miliardi delle vecchie lire al segretario particolare dell’allora assessore regionale all’Industria. «Quei soldi – disse – servivano per assicurarsi i finanziamenti che ruotavano attorno all’installazione degli impianti e finanziare le campagne elettorali del Psi». Nel 2000 esplode il business delle energie alternative. Nicastri diventa uno sviluppatore. Ergo, realizza e vende parchi eolici: da Trapani a Messina, da Enna a Catania. Nel giro di quattro anni, e cioè dal 2002 al 2006, riesce ad ottenere il maggior numero di concessioni in Sicilia per costruire parchi eolici.
I primi rapporti con Cosa Nostra emergono nel 2007 quando il suo nome compare in uno dei pizzini ritrovati nel covo di Giardinello dei boss palermitani Salvatore e Sandro Lo Piccolo. «Nicastri di Alcamo – c’ era scritto nel pizzino – continuare con Scinardo». Mario Giuseppe Scinardo, di Messina, è un altro imprenditore nel settore dell’eolico. Anche lui avrebbe intrattenuto rapporti con esponenti della criminalità organizzata. Nel 2009, scatta, invece, l’operazione Eolo che svela le collusioni tra mafia e imprenditoria per la realizzazione di alcuni impianti eolici a Mazara del Vallo.

Nicastri, attraverso un’azienda a lui riconducibile, la Eolica del Vallo s.r.l., aveva rilevato due società in contenzioso tra loro, la Enerpro e la Sud Wind, per la realizzazione di un parco eolico nel territorio mazarese. Le indagini portano alla luce l’esistenza di un vero e proprio accordo tra politici ed esponenti della locale famiglia mafiosa, intervenuta nell’affare per promuovere intese tra gli imprenditori dell’energia eolica, con l’intento di garantire alle imprese di riferimento di Cosa Nostra l’affidamento dei lavori.

Il 13 settembre 2010 la Direzione Investigativa Antimafia sequestra all’imprenditore alcamese beni per un miliardo e trecento milioni di euro. Nel dicembre del 2016 scatta un altro sequestro nel corso dell’operazione Hermes 2. Le vicissitudini giudiziarie non fermano, però, Nicastri, che diventa socio di Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia e consulente della Lega, continuando, secondo la Procura di Palermo, ad elargire mazzette ad alcuni funzionari del dipartimento Energia della Regione. Anche Salvatore Angelo, imprenditore di Salemi, avrebbe gestito per conto di Cosa nostra alcune attività nei settori fotovoltaico, biomasse e eolico. Nel 2015 gli vengono sequestrati beni per un valore di 7 milioni di euro.

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