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Processo Open Arms, tre Pm nel mirino

Nel mirino i tre PM del processo Open Arms. Insulti e minacce via social, ma anche pesanti lettere intimidatorie per i sostituti Marzia Sabella, Gery Ferrara e Giorgia Righi. La procuratrice generale di Palermo Lia Sava ha lanciato l’allarme al Comitato provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica.
I tre Pm, lo scorso 14 settembre, avevano chiesto la condanna a sei anni di reclusione per Matteo Salvini. La vicenda risale a cinque anni fa. Salvini che all’epoca dei fatti era era ministro dell’Interno, impedì lo sbarco, a Lampedusa, di 147 migranti soccorsi da una Ong spagnola. Da qui l’accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Il ministro rischiava fino a quindici anni di reclusione. “Il pos doveva essere rilasciato senza indugio e subito, il diniego è stato in spregio delle regole e non per proseguire in un disegno governativo”, aveva detto la procuratrice aggiunta Marzia Sabella a conclusione di una lunga requisitoria. “Il diniego consapevole e volontario ha leso la libertà di ognuna delle 147 persone e non c’era ragione – aveva aggiunto – In questo processo non ci sono state le persone offese, la maggior parte di loro è irreperibile, ma non sono nè clandestini né criminali”. “Mai nessun governo e mai nessun ministro nella storia è stato messo sotto accusa e processato per aver difeso i confini del proprio Paese”, la replica di Salvini. Secondo i Pm di Palermo, però, avrebbe agito nel 2019 non per una strategia concordata col governo Conte, come invece sostiene la difesa, ma per l’interesse ad aumentare il proprio consenso elettorale facendo leva sulla lotta all’immigrazione clandestina. Per l’accusa, poi, non c’era alcun pericolo di terrorismo a bordo della nave e dunque non c’era alcuna necessità di proteggere la sovranità dello Stato. Inoltre, le condizioni dei migranti per quell’azione si aggravarono di giorno in giorno. Il prossimo 18 ottobre, parola alla difesa. Poi la sentenza che dovrebbe essere emessa entro la fine dell’anno.

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