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Maxi-confisca della Dia, nel mirino l’impero del costruttore trapanese Giuseppe Ruggirello

La Direzione Investigativa Antimafia ha confiscato beni per oltre 15 milioni di euro riconducibili all’imprenditore edile trapanese Giuseppe Ruggirello di 86 anni.

Tra i beni sottoposti a confisca: una società di capitali nel settore dell’edilizia, 39 fabbricati (civili abitazioni, magazzini e negozi) nel territorio di Trapani ed Erice, 9 immobili insistenti sull’isola di Levanzo, facenti parte di un complesso turistico residenziale, 2 terreni ed 1 conto corrente bancario.

Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Trapani – Sezione Misure di Prevenzione di Trapani. Sin dagli anni ’90, l’imprenditore, secondo quanto accertato dagli investigatori, sarebbe entrato a far parte di un contesto societario controllato da persone legate alla cosca mafiosa locale, fornendo liquidità per ripianare esposizioni con il sistema bancario.

Le attività investigative svolte dalla Dia sono stare coordinate dalla Procura antimafia di Palermo che nel dicembre 2016 ottenne il sequestro preventivo di beni per oltre 25 milioni di euro, hanno dimostrato come l’imprenditore oltre a svolgere il ruolo di prestanome delle quote spettanti ad alcuni esponenti mafiosi, tra i quali Vincenzo Virga “capo mandamento” di Trapani, abbia consentito alla società, della quale aveva rilevato alcune quote, di effettuare “un’importantissima e redditizia speculazione immobiliare perpetrata attraverso il tipico metodo mafioso, come quello di esercitare pressioni sugli uffici comunali affinché modificassero la destinazione d’uso di un appezzamento di terreno per la realizzazione di villette residenziali”. Tale terreno fu poi sottoposto a sequestro nell’ambito di un procedimento penale a carico, tra gli altri, di un imprenditore la cui posizione venne definita con l’archiviazione per morte del reo.

Dalle indagini sarebbe emersa l’esistenza di uno “schema giuridico” attraverso il quale l’imprenditore aveva acquistato un’area edificabile in territorio siculo sottoposta a vincolo giudiziario e sulla quale aveva ottenuto un’importante concessione edilizia, interponendo nel rapporto di compravendita una nuova società costituita in una regione lontana dalla Sicilia, solo per eludere eventuali controlli da parte dell’autorità giudiziaria. Il dubbio sulla liceità dell’operazione è sorto dall’analisi di un documento antiriciclaggio fornito dagli Organi di Vigilanza della Banca d’Italia in ordine alle movimentazioni sospette eseguite attraverso un Istituto di credito della provincia di Bari.

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