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Cutrara, un’altra misura patrimoniale di sequestro di beni

Il sequestro di beni eseguito dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Trapani.

I militari del nucleo investigativo del comando provinciale carabinieri di Trapani, insieme ai colleghi della compagnia di Alcamo hanno eseguito un decreto di sequestro, emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Trapani, nei confronti di Francesco Stabile, 65enne di Castellamare del Golfo, arrestato nell’operazione antimafia “Cutrara” nel 2020 ed attualmente detenuto. Nel corso delle indagini sarebbe stata ravvisata una sproporzione fra i beni posseduti e il reddito dichiarato con il sequestro di una abitazione, tre terreni e un’area con annesso fabbricato, il tutto per un valore di circa duecentomila euro.
Nei giorni scorsi un altro sequestro di beni era stato disposto per Antonio Sabella, 67 anni di Castellammare del Golfo, coinvolto nell’operazione anti mafia “Cutrara” e condannato in appello a 7 anni di reclusione. I militari del nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Trapani, con i colleghi della compagnia di Alcamo, anche in quel caso hanno dato esecuzione al decreto di sequestro, emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Trapani.
Nel corso dell’operazione “Cutrara”, sono state eseguite 14 ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip del Tribunale di Palermo su richiesta della locale Procura della Repubblica a carico di altrettanti esponenti alla famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo (Tp), per associazione di tipo mafioso, estorsione, furto, favoreggiamento, violazione della sorveglianza speciale e altro, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. Le indagini, coordinate dal Procuratore Capo Francesco Lo Voi, dal Procuratore Aggiunto Paolo Guido e dai Sostituti Procuratori Gianluca De Leo e Francesca Dessì, hanno permesso di disarticolare la famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo, che nonostante i dissidi interni, vedrebbe saldamente al vertice il pregiudicato Francesco Domingo, soprannominato Tempesta, già condannato a 19 anni di carcere per associazione di tipo mafioso ed altro e ritornato in libertà nel marzo del 2015.
L’indagine avviata dopo la scarcerazione del padrino Francesco Domingo, processato separatamente perché ha scelto il rito ordinario. Ricostruito dagli inquirenti l’organigramma della famiglia mafiosa che, come emerso dall’inchiesta, sarebbe stata guidata dal boss appena uscito di cella. In realtà, secondo gli inquirenti, Domingo non avrebbe mai lasciato il comando nonostante fosse detenuto. Il clan, risulta dalle indagini, controllava le attività economiche, in particolare dei settori agricolo ed edilizio. Attraverso minacce e intimidazioni i boss sarebbero riusciti ad aggiudicarsi lavori e avrebbero svolto un ruolo di mediazione e risoluzione delle controversie tra privati sostituendosi alle istituzioni.

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