Pronunciare il nome di Astor Piazzolla è come dire Tango. Il maestro del bandoneon, scomparso nel 1992, è considerato, ancora oggi, il massimo interprete e, per certi il grande rinnovatore del tango argentino.

Un genere musicale, oltre che un ballo, che è anche testo e canzone, e perfino qualcosa di più, una filosofia di vita, un racconto della fisicità, della corporeità dei danzatori attraverso i quali si dipana una narrazione fatta di sentimenti, passione, dolore, gioia, nostalgia e tutte le declinazioni possibile del sentire umano. Danza simbolica, musica che prende l’anima. Celeberrima la definizione di Enrique Santos Discépolo «Il tango è un pensiero triste che si balla».

Nella sua reinvenzione del tango Piazzolla scrisse Maria de Buenos Aires è un’opera tango (o tango operita) su libretto di Horacio Ferrer. La sua prima rappresentazione è stata eseguita al Teatro Colón di Buenos Aires l’8 maggio del 1968.

La trama, alquanto surreale, si incentra sulla figura di una prostituta della città di Buenos Aires; la seconda parte dell’opera si svolge dopo la sua morte. Magia e spiritualità si intrecciano nella trama, complessa e avvitata su se stessa, come una milonga. L’opera fu scritta da Piazzolla perché fosse interpretata dalla cantante Milva.

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