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Il Sud può diventare granaio di Italia

Ad affermarlo l’agronomo trapanese e membro dell’assemblea nazionale del PD, Pellegrino.

di Valeria Marrone

La guerra in Ucraina fa tremare il settore per l’approvvigionamento di grano duro dall’Europa. A rilanciare una soluzione alternativa ci pensa l’agronomo trapanese e membro dell’Assemblea nazionale del PD, Giuseppe Pellegrino che, ai vertici del suo partito, dichiara: “L’Italia dispone di superfici che possono soddisfare quasi per intero il fabbisogno del nostro Paese. I 600mila ettari di seminativi non coltivati nel Sud, potrebbero produrre grano duro per aumentare notevolmente il nostro grado di auto approvvigionamento. Nel Sud Italia, Puglia, Basilicata e Sicilia in testa, il sole rende il grano duro al momento del raccolto perfettamente maturo, asciutto, quindi non in condizioni di sviluppare micotossine cancerogene e nocive all’alimentazione“.

Per l’agronomo trapanese è necessario modificare il regolamento 1881/2006 della CEE, il cui parametro delle micotossine dovrebbe essere portato a non oltre 500. Misura che in Canada è di 1000 e in Europa è di 1750 parti per miliardo. Abbassare tale criterio, permetterebbe, così, la riduzione delle importazioni dall’estero anche in periodi di libera concorrenza. Secondo Pellegrino: “I costi di produzione del grano duro sono di 25 centesimi chilo. In questi anni il prezzo del grano duro è stato di circa 20 centesimi chilo. Il giusto prezzo è di almeno 50 centesimi chilogrammo”.

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